Ginger, il dolcissimo labrador che mi ha aiutato a superare un trauma infantile e la paura dei cani


Quando avevo all'incirca 4 anni, mamma, al rientro dal lavoro, portò me e il mio fratellino di quasi 3 anni su una piazzetta vicino casa che aveva dei piccoli resti di ruderi romani che noi chiamavamo montarozzi perché ci divertivamo ad arrampicarci e giocarci intorno con un piccolo pallone, solo che quel pomeriggio tardo il nostro gioco fu interrotto dall'arrivo di una persona a mio avviso poco intelligente che tolse il guinzaglio ai suoi tre cani lupo e li lanciò letteralmente alla carica, io ero piccola ma lo ricordo ancora bene perché mi paralizzai tenendo il pallone in mano, mentre mio fratello andò di corsa a nascondersi dietro mamma, mentre quei cani andavano di qua e di là nella piccola piazza, finché uno mi arrivò davanti ed io, sempre paralizzata dalla paura, lasciai andare il pallone e il cane lupo lo prese e lo strinse tra le zanne, distruggendolo, inutile dire che pensai di fare la stessa fine, ma il padrone sconsiderato e divertito lo richiamò non potendone più delle urla di mia madre, che, alla fine, prese me e mio fratello in lacrime per andare a denunciare il tipo ai carabinieri, che lo rimproverarono e finì lì. Solo che da quel giorno io e mio fratello avevamo paura dei cani e quando ne vedevamo uno, cambiavamo strada o lato per evitarli.

Ora so che i cani non avevano colpa, eseguivano gli ordini del loro sconsiderato padrone, si comportavano secondo il modo in cui erano stati addestrati, dietro cani aggressivi vi sono cattivi comportamenti dei padroni, gente che non li accoglie, ama e cura come animali domestici, di compagnia, di famiglia, ma come strumenti da guardia, esasperandone la naturale aggressività con botte e fame, con assenza totale di amore e attenzione, ma per molto tempo ho ignorato questa realtà temendo solo i cani, specie pastori tedeschi e cani di razza grande, non andavo mai a casa di una mia amica perché c'era Zora, un bellissimo dobermann femmina molto esuberante, di cui avevo terrore, e quando, anni dopo, andai nella casa di campagna di una mia amica, il suo pastore tedesco affettuosissimo, mi accolse girandomi intorno facendo le feste e poi si alzo in piedi sulle zampe posteriori mettendo le anteriori ciascuna su una spalla, anche se capivo con la mente che non correvo pericoli, ero paralizzata dalla paura, e dovettero allontanarlo da me per non farmi svenire.
Mi dispiaceva reagire così e volevo superare la mia fobia per i cani, tentai provandomi ad avvicinare a quelli piccoli, tipo un bel bassotto marrone nel mio palazzo o altri ancora più piccoli, ma mi abbaiavano peggio dei grandi e ciò non mi aiutava, l'unico cane che mi piaceva molto e che avrei voluto avvicinare era un bellissimo San Bernardo nel condominio dei miei nonni, ma il padrone non era molto socievole a causa delle proteste dei condomini e aveva ragione, infatti non era bella gente e qualcuno ha avvelenato il povero cane facendolo morire.

Crescendo la fobia è diventata più uno stato di attenzione da valutare caso per caso, questo finché non ho conosciuto Ginger, un bellissimo e dolcissimo labrador nero (quella nella foto).
L'ultimo posto dove ho esercitato la mia professione, prima che la malattia mi costringesse a smettere, è stato un Istituto per non vedenti, un'esperienza totalmente nuova per me, molto pesante per alcuni versi e molto formativa per altri, il primo giorno che presi servizio vidi in fondo al lungo corridoio un utente adulto, uno dei pochi, la maggior parte erano ragazzi, con il suo cane guida, un labrador nero, Ginger appunto.

Quando l'ho vista sul momento mi ha intimorita, era bella grande, ma poi l'ho guardata negli occhi, gli occhi più dolci che abbia mai visto, e così buona e docile, è un cane guida, per cui è stata educata e formata per tutte le necessità di una persona non vedente, ma Ginger è affettuosa e veramente innamorata del suo compagno di vita, una volta entrando per portare la terapia l'ho vista distesa sul letto accanto a lui ed ha alzato la testa per salutarmi, e il paziente mi ha raccontato del forte legame affettivo che si è progressivamente creato tra loro, per lui Ginger è un punto di riferimento importante, non solo per la sua disabilità, ma per la vita, che confessava piena di affetti persi o non vissuti pienamente.

Ginger è diventata importante anche per me, ha reso piacevole ogni turno, per quanto difficile fosse, il suo essere dolce e affettuosa mi ha aiutato a superare la mia fobia fino ad innamorarmi della sua razza e dei cani, tanto che oggi mi batto per loro, vittime di cattivi comportamenti, di abbandono, di depravazione da parte degli uomini. Ginger e il paziente non sono rimasti a lungo all'Istituto, li immagino sereni da qualche parte, ma lei si è ritagliata un posto speciale nel mio cuore. 

In ogni appello di adozione che pubblico su L'Arca di Noè e inoltro sui social network ritrovo gli stessi occhi dolci di Ginger, solo più tristi per l'abbandono e la segregazione in box di canili, gli occhi degli uomini non sono sempre così buoni e dolci. Grazie Ginger, ovunque tu sei.

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