Quando eravamo piccoli, i miei due fratelli minori ed io,
avremmo fatto carte false per avere un micino in casa, visto che io e il
fratello di mezzo, ancora più piccoli, eravamo stati traumatizzati da un paio
di cani molto aggressivi lasciati, colpevolmente, liberi da un padrone
sconsiderato nella piazzetta dei montarozzi
(chiamavamo così i ruderi romani allora lasciati liberi su cui ci arrampicavamo
per giocare e che ora sono recintati e protetti) dove stavamo allegramente
giocando (io ricordo solo il mio pallone nella bocca di un cane fare una brutta
fine ed io che corro ad aggrapparmi alla gamba di mia madre terrorizzata di
finir male anche io – fortunatamente noi ci siamo salvati ed il padrone è stato
ripreso dal poliziotto a cui mia madre si era rivolta).
Nonostante il nostro vivo desiderio, sostenuto anche da mio
padre, mia madre è stata irremovibile sul no, che la nostra casa non era adatta
o per non ricordo quale altra motivazione, tuttavia, raccolti quasi sempre dal
mio fratello più piccolo, per casa sono passati un pesce persico ed un
passerotto ferito, entrambi morti presto (ricordo ancora i pianti che mi son
fatta per il cip cip che dopo tre
giorni non risuonava più per casa!), per cui questo desiderio col tempo è stato
messo in un cantuccio del nostro cuore.
La vita però non scorre liscia senza increspature o vere e
propri scossoni, così l’11 aprile del 1992 mio padre, nel giro di una settimana
e senza alcun preavviso concreto, venne a mancare, io avevo 19 anni ed i miei
fratelli 17 e 14. In casa, come sempre quando avviene un lutto, si è creato un
vuoto, un silenzio pesante, in cui, per non dar peso l’un sull’altro, ognuno di
noi ha affrontato quella perdita da solo, non si nominava più il suo nome, si
aveva come paura a respirare e si sorrideva sempre meno, pur cercando di
trascinare in avanti la vita quotidiana. Un altro scossone è stato il ricovero
quasi successivo e per un mese di mia madre per una broncopolmonite, per cui il
1992 fu un anno molto difficile, anche se importante, infatti io stavo
frequentando il corso per infermiere professionali e, oltre a seguire le
lezioni, quell’anno iniziai il tirocinio in ospedale, per cui tante emozioni ed
esperienze si affollavano nella mia vita e nella mia casa.
Durante l’estate del 1992, mentre con il mio fratello più
piccolo, Andrea, si trovava in vacanza in campagna da mio zio, galeotto il
fatto concomitante di aver assistito al parto della gatta di zio, mia madre si
convinse a prendere una gattina, previa condizione di venire prima svezzata, fu
così che nell’ultima settimana di ottobre a casa arrivò Kyoko (il nome
ovviamente scelto da me!), una gattina nera di razza europea o soriano, dal
carattere forastico ed avventuroso, che divenne la regina della casa e riportò
il sorriso e le risate in famiglia.
Un gatto, o un cane, non può certo compensare o sostituire la
perdita di un padre, ma può aiutare a riprendere la voglia di sorridere e di
andare avanti. Kyoko ha avuto un notevole effetto benefico su tutti noi per
quasi 16 anni ed è, pur con le dovute proporzioni, diventata un membro
effettivo della nostra famiglia, è stato un dono di Dio in un momento terribile
e la sua perdita, nel gennaio 2008, è stata molto dolorosa, tanto ci aveva
“viziato” con la sua presenza, le sue fusa, le sue abitudini, le sue coccole
(quando, quanto e come decideva lei, da brava forastica indipendente!). Tanto è
stato il dolore che l’idea di prendere un altro gatto era ben lontana dalle
nostre menti.
Tuttavia ho capito che è vero quando si afferma non si può mai dire mai perché la vita
riserva sempre delle sorprese, anche molto liete, infatti nel dicembre 2009 io
iniziai a peggiorare ed a trascorrere sempre più lunghi periodi a casa (in
malattia o aspettativa), impossibilitata ad uscire e spesso a fare letto –
poltrona, contemporaneamente, con la scusa di un soggiorno temporaneo in attesa
di trasferimento in altra casa, mio fratello Andrea tornò dalla vacanza in
Toscana dagli amici con una gattina nera di pochi mesi, Cleopatra (poi per noi
solo Cleo) di cui razza e aspetto erano identici a Kyoko, ma indole e carattere
completamente diversi, inutile dire che, dopo un iniziale diniego, Cleo non
solo è arrivata e si è fermata stabilmente a casa nostra, ma ha anche
conquistato tutti.
Per me, nella malattia e nell’essere costretta a casa per mesi,
Cleo è stata un dono del cielo, la sua presenza e le sue peculiarità ne hanno
fatto la mia miglior terapia, uno stimolo continuo, un sollievo immediato
contro tristezza e solitudine ed un impegno ad alzarmi anche se stanca o piena
di dolori, quindi non mi permette di cedere e, se mi vede piangere, comincia a
fare le facce buffe, sgranando gli
occhi e mettendosi con il muso all’insù.
Cleo è stata salvata dalla strada in una notte di pioggia in
Toscana, mentre stava per finire sotto una macchina, da un’amica di mio
fratello e, come abbia fatto a vedere una gattina nera a buio è una piccola
indicazione di miracolo, poi è stata tenuta a casa di lei per lo
svezzamento, trascorso con un
allevamento domestico di cani di piccola taglia, particolare non indifferente
perché la micina ha imparato l’imprinting dai cani, per cui il suo istinto è
mordere, non graffiare, essere accompagnata a mangiare e prendere le coccole
prima dei croccantini (l’ho disabituata pian piano dal fermarmi per tutta la
durata del pasto, ma per tutta risposta fa pasti piccoli e frequenti, quindi su
e giù per il corridoio, viceversa aspetta e non mangia e ti guarda come il
cagnolino della pubblicità di cibo per cani Cesar), scodinzolare e fare la
ruota per farsi grattare la pancia, giocare a rincorrere una pallina di carta
che poi riporta in bocca, è affettuosa, dipendente e coccolona come i
cagnolini, guaisce per chiamarmi ed attirare l’attenzione, annusa in
continuazione e fa le feste appena vede mamma o qualcuno di noi, si lecca
pochissimo, infatti la devo lavare a mano io una volta a settimana e dorme
appiccicata a me sul mio letto, pur avendo in camera vari posti preferiti.
Senza Cleo, il dover trascorrere mesi interi a casa, senza
riuscire a mettere il naso fuori, senza poter coltivare una vita sociale
normale, uscendo solo per visite ed esami medici, sarebbe stata molto dura, da
sbattere la testa al muro, invece il suo non piccolo contributo mi ha aiutato ed
aiuta molto.
Questa è una foto di Cleo
Questa è una foto di Cleo
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