Che giornata straordinaria abbiamo vissuto domenica con la
canonizzazione di questi due grandi uomini di fede e di preghiera, grandi
testimoni di Cristo, due papi che sono due giganti, San Giovanni XXIII e San
Giovanni Paolo II. Io ho seguito in televisione l’evento, ma vi assicuro ho
provato santa invidia per le persone che hanno trascorso la notte in bianco,
pregando davanti al Santissimo Sacramento a piazza Navona, oppure dinanzi
all’immagine di Gesù Misericordioso nella chiesa gremita di Santo Spirito in
Sassia, oppure ancora al freddo in fila in Via della Conciliazione, così come
vedevo nelle foto che rimbalzavano su Twitter dalle persone che stavano vivendo
questi momenti, così come ho provato la medesima invidia per tutte quelle
persone schiacciate contro le transenne, in piedi per ore, tra sonno e fame
e…tantissima attesa gioiosa.
Anche se attraverso la televisione, ho provato una grande
emozione e una grande gioia per questo evento bellissimo, insieme ad una grande
tenerezza appena ho visto entrare, anzi uscire, sul sagrato il Papa emerito
Benedetto XVI.
L’intensa celebrazione di domenica mi ha fatto riflettere ancora
di più sulla gioia di aver fede in Gesù e sull’importanza di testimoniare
questa gioia con la nostra vita. Papa Francesco batte molto su questo punto,
anche la settimana scorsa lo ha ripreso invitandoci a non cedere alla
tentazione di essere “cristiani
pipistrelli”, un’espressione davvero curiosa e colorita, ma che rende bene
l’idea.
Spesso ho sentito critiche sulla nostra fede, sentendo
apostrofare noi cristiani come pesanti, noiosi, seriosi, persino funerei e
quando ho tentato di spiegare che non è così e che è un’idea retrograda e non
veritiera non è servito a molto, anzi è stato pure un boomerang che mi è
ritornato in pieno stomaco, nel senso che venivano sottolineati tutti i momenti
in cui io non sono stata così gioiosa…
A parte questo frequentando le chiese non è che ho visto molti
volti sorridenti, ma forse uno dei problemi è proprio questo: la gioia
cristiana non va confusa con l’allegria fugace di un momento divertente o l’ilarità
di chi ride o fa battute, ma che non è detto sia per questo gioioso, infatti ho
visto persone con problemi molto seri e piegati dalla sofferenza, ma avere
quella luce nello sguardo, quel sorriso veramente gioioso che riescono ad
incantarti e a dire: anche io voglio quella gioia, addirittura voglio quei
patimenti per provare la medesima gioia, sembra un paradosso, ma è così, alcune
delle persone che non ho conosciuto direttamente, ma che mi hanno fatto pensare
questo sono Chiara ed Enrico Petrillo, e Chiara mostrava quella gioia e quella
luce, anche dopo essere stata definita malata terminale, dopo aver perso la
vista ad un occhio, con i dolori e i disturbi del cancro e nonostante la
consapevolezza di dover lasciare presto suo marito ed il suo bambino, ovvero
quando umanamente non sembravano esserci molti motivi per essere gioiosi e
sorridenti. Come è possibile questo?
Papa Francesco nell’omelia della messa a Santa Marta del 24
aprile ( fonte http://w2.vatican.va/content/francesco/it/cotidie/2014/documents/papa-francesco-cotidie_20140424_nessuna-paura-della-gioia.html ) scorso ha detto che <Ci sono tanti
cristiani che hanno paura della gioia, cristiani pipistrelli, i quali vanno in
giro con le facce da funerale muovendosi nell’ombra invece di puntare alla luce
della presenza del Signore…> e parla in riferimento ai sentimenti contrastanti degli apostoli
nel Vangelo (Lc 24, 35-48), i quali erano passati dallo sconcerto provato prima
per la sua crocifissione e morte alla gioia per saperlo risorto, quindi ancora
al timore e incredulità quando è apparso davanti ai loro occhi dopo la
risurrezione, al punto che lo hanno creduto un fantasma, e tutto questo
nonostante Gesù avesse loro parlato apertamente di tutti gli eventi che avrebbe
vissuto a Gerusalemme, ed il Papa trova la chiave quando dice <C’è una parola in questo brano del Vangelo
che ci spiega bene cos’era successo in
quel momento. Si legge nel testo “ma
poiché per la gioia non credevano”. Questo è il punto focale: i discepoli
non potevano credere perché avevano paura della gioia. Gesù infatti li portava
alla gioia: la gioia della risurrezione, la gioia della sua presenza fra loro.
Ma proprio questa gioia diventa per loro un problema per credere: per la gioia
non credevano ed erano pieni di stupore…preferivano pensare che Gesù fosse
un’idea, un fantasma, ma non la realtà.. e tutto il lavoro di Gesù era far
capire che era realtà “Datemi da mangiare,
toccatemi, sono io! Un fantasma non ha carne, non ha corpo, sono io!”... Il
passo evangelico suggerisce che la paura della gioia è la malattia del
cristiano. Anche noi abbiamo paura della gioia e diciamo a noi stessi che è
meglio pensare: si, Dio esiste, ma è là, Gesù è risorto, è là. Come a dire:
manteniamo un po’ di distanza. E così abbiamo paura della vicinanza di Gesù,
perché questo ci dà gioia… così ci sono cristiani che preferiscono la tristezza
e non la gioia, si muovono meglio non nella luce della gioia, ma nelle
ombre…come quegli animali che riescono a uscire soltanto nella notte ma alla
luce del giorno non vedono niente… cristiani pipistrelli che preferiscono le
ombre alla luce della presenza del Signore >.
Le parole di Papa Francesco sono forti e talmente vere che non
possono lasciarti indifferente, mi fanno ritornare alla mente quando col suo
vocione don Fabio Rosini (Responsabile della Pastorale giovanile) ci tuonava
nelle orecchie < voi avete paura di
Dio.. > che equivaleva a dire voi avete
paura di essere felici, ed era vero.
Ho compreso nel tempo che quanto più siamo feriti dalla vita più
ci abituiamo alla tristezza, al dolore, perché a quello, ci diciamo
illudendoci, siamo abituati e lo sappiamo gestire e non verremo feriti o delusi
ancora dall’amore, dall’amicizia, dalla gioia e via dicendo e, senza rendercene
conto, iniziamo a costruire paletti, o veri e propri sbarramenti, per
proteggerci da quello che, in fondo, più desideriamo e di cui abbiamo bisogno:
luce, gioia, amore, relazioni autentiche, per il timore che, ne siamo convinti
come una certezza matematica, possano finire e lasciarci smarriti e feriti,
così le evitiamo o le sabotiamo o fuggiamo dall’impegno che le caratterizzano. Ma
il risultato qual è?
Perdiamo la vera gioia e rincorriamo surrogati alternativi che
non possono riempirci né soddisfarci a lungo, così rimaniamo smarriti e feriti lo
stesso. Mentre rischiando cosa potrebbe capitarci? Magari di essere felici?
Su Google plus alle h 10.31 GIULIANA SCHIAVINATO ha commentato:
RispondiEliminaLa nostra gioia proviene dal sapere di poter sempre contare sull'amore di nostro Padre che è infinitamente potente e che tutto fa per la nostra salvezza eterna, che è la cosa più importante. Pace
Su Google plus alle h 15.16 DAVIDE CAMBIE ha commentato: due grandi Apostoli di Cristo (Enrico e Chiara Petrillo)
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