La rivoluzione dell’umiltà

Ancora mi commuovo nel guardare insieme Papa Francesco ed il Papa emerito Benedetto XVI, sono due figure molto importanti per la Chiesa, come anche i loro predecessori, anche se la mia esperienza parte dal beato Giovanni Paolo II. Non sono una vaticanista, altri esperti possono parlare nel dettaglio dei loro pontificati, ritengo però che ciascun Papa abbia portato il suo tocco personale nella Chiesa, in fondo la scelta ultima è dello Spirito Santo ed Egli sa meglio di tutti di cosa abbiamo bisogno.
Ultimamente sento e leggo spesso la parola rivoluzione associata a Papa Francesco ed ammetto di sorprendermi e sorridere, perché la parola evoca altro nella mia mente piuttosto che il Papa, anzi per definirlo sceglierei parole come mitezza, umiltà, dolcezza, tenerezza, amore, fermezza, semplicità,… in modo diverso, ma userei le stesse parole per Papa Benedetto, anzi colgo l’occasione per ringraziarlo per avermi mostrato cosa sia l’umiltà. Quando penso all’umiltà penso sempre e solo alla Vergine Maria, umile ancella del Signore, e a Gesù (Mt 11,29 Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita), infatti non ho conosciuto molte persone umili (ahimè, non lo sono nemmeno io!), ma quando il Papa emerito ha preso la decisione di dimettersi da Pontefice sommo e di ritirarsi a vita privata in preghiera, pensando soprattutto al bene stesso della Chiesa Cattolica, mi ha colpito non tanto per l’eccezionalità del fatto, quanto per la sua straordinaria umiltà, nel riconoscere ed accogliere, da un lato, i limiti dettati dalla sua anzianità e, dall’altro, i gravi ed urgenti bisogni della Chiesa in questo tempo controverso, e credo profondamente che proprio questa virtù rara e preziosa abbia aperto le porte al dono di Papa Francesco per la Chiesa e per tutti noi, il quale parla in modo semplice e schietto con un linguaggio chiaro che arriva direttamente al cuore delle persone.
Ogni Papa è stato “rivoluzionario” a suo modo, ma il vero rivoluzionario non è proprio il nostro Signore Gesù Cristo? Il Dio infinito che si fa carne in un piccolo bambino in una povera grotta di Betlemme, il Re dei re che sceglie per trono la Croce, abbracciandola volontariamente, dopo un lungo e tremendo calvario, ed accetta sul capo una corona fatta di dolorose spine… e tutto questo perché?     Per amore nostro, per salvarci dall’abisso che noi stessi ci costruiamo allontanandoci dal Padre, che ci ha creati e che ci ama.
Ognuno di noi, allora, come il Papa Francesco non è forse chiamato a “sposare” questo genere di rivoluzione? A dare una testimonianza forte e determinata, anche sofferta, di questo irriducibile amore, rimanendo tenacemente aggrappati al nostro Re (Gv 15, 5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla).
Credo proprio di si, coraggio allora!

Provo, invece, molta tristezza quando il messaggio d’amore di Papa Francesco viene frainteso, così sento di sottolineare che Gesù, dopo aver accolto, amato, salvato e perdonato l’adultera, le ha detto < Neanch'io ti condanno, va' e d'ora in poi non peccare più >, non le ha detto < va e continua a fare ciò che vuoi!! Abolire e negare il peccato significa negare l'Incarnazione del Verbo e la Croce, non commettiamo questo grave errore, faremmo il gioco di qualcun altro che abita al piano di sotto.

Ricordiamo, invece, che la Chiesa è Madre di tutti e non rifiuta nessuno, siamo noi che per paura, per vergogna, per pregiudizio o non so che altro, rimaniamo ai margini del suo abbraccio; non temiamo nulla e lasciamoci accogliere, toccare, guidare, guarire da questa Madre attraverso il Papa Francesco ed i suoi ministri, persone che si sono consacrate a Cristo per tutti noi e non perdiamoci di coraggio nel cammino a causa delle cadute della nostra, comune a tutti, umana fragilità.



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