Durante un viaggio in Giappone di diversi anni fa, mi ritrovai a percorrere un lungo viale alberato di ciliegi in fiore, a Tokyo, il ciliegio è l’albero che amo di più e trovarne così tanti in piena fioritura mi riempì di gioia, la primavera era appena iniziata e il vento era ancora fresco, all’improvviso iniziò a soffiare in modo deciso e a scuotere i rami dei ciliegi, così i petali iniziarono a staccarsi e volare via, alcuni me li ritrovai tra i capelli e iniziai a osservarli, scoprendo che, non solo l’albero nell’insieme era bellissimo, ma anche ogni singolo petalo portato via dal vento.
Affido
a Maria Santissima, dolce Mamma celeste, questo blog affinchè sia strumento
utile per coltivare e diffondere la speranza e affido a Lei anche tutte le
persone che passeranno in questo giardino da coltivare.
Potete scrivermi tramite link apposito, critiche costruttive ed aiuti saranno molto graditi.
In questo blog non si daranno spazio a polemiche, mormorazioni,
offese, cattive notizie, accuse, che trovano ampio spazio altrove.
Non
so dove ho letto né chi ha scritto che “fa più rumore un albero che cade di un
fiore che sboccia”, ebbene la nostra attenzione, condizionata anche dai media,
è più facilmente rapita dai tanti alberi che cadono e che fanno molto rumore e
non ci accorgiamo nemmeno dei tanti fiori che sbocciano intorno a noi e per
questo ho sentito l’esigenza di portare alla luce proprio quei piccoli delicati
fiori che sbocciano e che non fanno notizia, ma che possono
insegnarci ad allenare lo sguardo verso le piccole cose belle che accadono a
noi o alle persone vicine e a sollevare lo spirito, coltivando il fragile e
bellissimo fiore della speranza di cui tanto abbiamo bisogno nei nostri cuori e
nelle nostre vite.
Ora
dirò qualcosa per presentarmi, ma tengo a precisare che la protagonista di
questo blog non sono io, ma la speranza e quei tanti semi di questo fiore che
insieme con voi vorrei coltivare e far germogliare, infatti questo spazio è
aperto a chiunque abbia voglia di raccontarsi, di condividere, di riflettere,
di ascoltare, di leggere tutte le buone
notizie di cui si parla poco o mai e che all’inizio si farà un po’ fatica a
trovare, ma, credetemi, ci sono. Questo blog nasce anche per dare voce alle persone sole, malate, o
che assistono propri cari in casa per mesi e/o anni, ai disabili e/o genitori
di disabili, infatti, non vuole raccontare favole o la vita tutta colorata e
infiocchettata, perché non sarebbe reale, la vita non è così e tutti noi ne
facciamo esperienza quotidianamente, è attraversata e scossa dalla malattia,
dalla sofferenza, dai lutti e da tante esperienze di dolore, ma facciamo anche
esperienza che persino i momenti più dolorosi possono essere fecondi, ad esempio
nello scoprire chi veramente ci vuol bene e resta accanto, nel fare l’esperienza
della solidarietà, dell’amicizia, del sostegno che ci giunge quando meno lo
aspettiamo e nei modi più impensati, o ancora che la malattia non è solo
qualcosa di terribile che ci toglie soltanto, ma può essere un’opportunità da
cogliere per rimettere le cose al posto giusto, per acquisire nuove consapevolezze
o, addirittura, un tempo fecondo che apre a qualcosa di nuovo, e così via.
Scrivo
nella consapevolezza e nella speranza che ognuno di noi possa scovare nei
propri giorni, nelle proprie vite, tanti piccoli tesori da portare alla luce e v’invito
a diventare cercatori di speranza, indipendentemente dal fatto che vogliate
condividerla oppure no, perché tutti noi abbiamo bisogno di coltivare la
speranza, specialmente in questi difficili tempi.
Cenni di me
Mi
chiamo Maria Laura, ho quasi quarantuno
anni, sono una persona sognatrice e che crede nei sogni, con la passione per lo
scrivere, per la lettura, per il Giappone e di professione infermiera. Nel 2000
iniziai ad avere problemi di salute, in verità sono sempre stata cagionevole,
senza entrare nello specifico si tratta di una malattia cronica ed è iniziata
una lenta e graduale salita, fino a un’impennata nel 2008, ovviamente la mia
vita, sia personale sia professionale ne ha risentito, ma in un certo qual modo
riuscivo a tenere ancora il controllo, poi nel 2009 un nuovo peggioramento ed
era lei a controllare me e a decidere della mia vita e del mio lavoro, cui non
riuscivo più a garantire una certa continuità e, avendo sempre lavorato nel privato,
questo mi costrinse spesso a cambiare posto o a modificare ripetutamente turni
e orari, non potevo svolgere turni notturni, né fare sforzi eccessivi e nemmeno
avere orari irregolari, insomma la professione che avevo scelto e amato e che
volevo esercitare in un certo modo mi stava sfuggendo di mano, stava diventando
sempre più incompatibile con la mia salute. Per farla breve dal 2011 sono
entrata nella categoria di lavoratori che ora va per la maggiore: i disoccupati.
La
malattia, cronica, ma non mortale, aveva preso il sopravvento e mi aveva tolto
la mia professione, l’indipendenza economica, la mia autonomia, la possibilità
di guidare e andare dove volevo e, tranne qualche bella eccezione, aveva creato
il deserto intorno a me, accoglierla come un’opportunità, come dicevo prima,
non è stato facile, anche se da subito mi accorsi che mi aveva fatto un dono
inaspettato: il tempo, infatti, prima non facevo altro che correre da un posto
all’altro, da un impegno all’altro e il tempo non mi bastava mai, ero sempre in
affanno e, per quanto amassi la mia professione e la mia vita, avevo dentro un
vuoto e un senso d’insoddisfazione incolmabile. Il paradosso è che quando stavo
bene correvo sempre ma mi sfuggivano tante cose e tanti particolari importanti,
invece la malattia mi costrinse ad andare a passo di lumaca mentre tutto
intorno scorreva, e scorre, a ritmi vorticosi, eppure iniziavo a scorgere la
bellezza delle piccole cose.
Perdere
il lavoro è stato un colpo durissimo tanto quanto la consapevolezza di non
poterlo ritrovare non riuscendo a garantire una certa continuità e resistenza
fisica, ma non fu la perdita più importante e nemmeno la più dolorosa e trovare
la forza per continuare a sperare fu, ed è, molto difficile. Io sono cattolica
fervente e per me la speranza ha un Volto e un Nome preciso, quello di Gesù
Cristo, eppure riconoscerlo e ascoltarlo nelle maglie intricate della storia
non è così automatico, occorre un cuore aperto, libero (da condizionamenti,
paure, pregiudizi e/o giudizi, chiusure, …) pronto a lasciarsi condurre anche
nel deserto o per vie sconosciute, disponibile a modi sempre nuovi e a mettere
Lui al centro, al timone della nostra vita, e non noi, che non sappiamo spesso
nemmeno dove dirigersi e che pensiamo di far bene e poi non è così.
Durante
una visita di controllo una dottoressa mi disse di < cercare un lavoro col
computer da fare a casa >, sul momento non dissi nulla ma pensai < è una
parola! Come faccio a fare l’infermiera col computer e da casa? >, il
problema è che non riuscivo ad aprirmi a una nuova prospettiva, non volevo
mollare la mia professione, la mia visione di vita, però quelle parole mi sono
rimaste nella testa risuonando ogni tanto come a farmi toc toc alla porta del cuore, ci ho messo più di un anno per aprire
e la risposta è questo blog, anche se non è un lavoro e non mi darà da vivere,
eppure in qualche modo risponde a un’esigenza più urgente e importante:
coltivare il giardino della speranza.
Non
sono un blogger professionista (non me ne vogliano), anzi non so nemmeno
tecnicamente come si gestisce un blog, è un lungo cammino e una cosa molto più
grande di me, che è solo all’inizio, la mia fede mi fa credere di essere solo
un piccolo strumento, una penna, e che Qualcun altro si preoccuperà dei contenuti.
Riguardo alla forma la scopriremo insieme pian piano durante il cammino,
intanto ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere questa lunga premessa, la
sintesi non è il mio forte.
È bello conoscerti.
RispondiEliminaCi conosceremo un po' di più perché mi unisco al tuo blog, così posso seguirti più facilmente.
Ciao ciao
sinforosa castoro