Vorrei condividere con voi il disappunto che provo, quando sento
nei media continui riferimenti alle persone, nominandole come se fossero
prodotti del supermercato: alti, bassi, grassi, magri, giovani, vecchi, belli,
brutti, eterosessuali, omosessuali, maschi, femmine, o peggio ancora genitore
1, 2, A, B…. ma cos’è questa nuova sconsiderata moda? Mi ricorda quella
terribile adottata dai nazisti nei campi di concentramento: ebrei, cattolici,
maschi, femmine, vecchi, bambini, giovani, zingari, omosessuali,.. e per tutti
una comune e orribile sofferenza.
Perché sembriamo esserci dimenticati che, al di là delle nostre
peculiarità e differenze, siamo innanzitutto persone?
Perché devono intervenire il governo e la politica per questioni
che potremmo risolvere da soli parlando, visto che hanno questioni molto
urgenti e che ci riguardano proprio tutti?
Perché ci siamo dimenticati che al di là del colore della pelle,
del nostro modo di pensare e delle nostre scelte, della nostra lingua, cultura,
religione, storia, che possono differire (non dovrebbe essere trattato come un
neo, ma come un arricchimento gli uni per gli altri), abbiamo tutti lo stesso
colore di sangue: rosso?
I numeri, gli aggettivi, le lettere, le caratteristiche, le
peculiarità individuali, i gusti, il modo di pensare, di vivere, le scelte e le
differenze dicono qualcosa in più di ciascuno di noi, ma non ci definiscono nel
nostro essere persone e né possiamo essere etichettati come i prodotti al
supermercato, siamo essere umani, siamo persone e tutto ciò che promuove la
divisione, la fobia, la paura, la sfiducia gli uni negli altri, lavora per il
maligno, il divisore per antonomasia, e non certo il nostro bene.
Ricordate quando i media, in passato come adesso, non facevano
altro che rimandare episodi di violenza, omicidi e/o attentati, commessi, a
seconda dei periodi, dalle persone di colore, dagli albanesi, dagli arabi, dai
romeni e così via?
Alla fine avevi, ed hai, paura di mettere il naso fuori casa ed
al semaforo ti guardi indietro con sospetto, stringendo la borsetta e guardando
male pure quell’uomo che ti chiede un’informazione o un’indicazione stradale o
anche solo l’ora!
Io non esco spesso, ma ho notato che le persone, a meno che non
si conoscano, e forse nemmeno in quel caso (nel quartiere anche solo di vista
ci si conosce!), non si guardano più negli occhi, non si salutano, non si
sorridono più e, se provi ad avvicinarti a qualcuno per rivolgergli una
domanda, un saluto, quello (o magari tu!) fa un sussulto di timore, si
irrigidisce o, peggio ancora, ti ignora o fa un cenno di dissenso, come se
volessi vendergli enciclopedie! E quando guardo negli occhi delle persone sono
come vuoti, spenti, rassegnati, sfiduciati, non c’è nemmeno un lampo di luce,
un guizzo di gioia e tutto ciò è solo molto triste!!
Io non capisco nulla di economia e politica e non riesco nemmeno
ad immaginare chi ci guadagna nel fomentare la paura e la divisione, ma
qualcuno c’è, che agisce nell’ombra, per farci vedere l’altro, meglio se
diverso da noi, per modo di vivere, pensare, agire, o anche solo perché si
tinge i capelli di blu, come il nostro peggior nemico e noi ci caschiamo come
allocchi in queste trappole, come se la violenza e l’omicidio fossero egemonia
di un gruppo o di una tipologia di persone!
Sappiamo bene che il male è in ognuno di noi e se lo seguiamo,
lo lasciamo agire in noi, chiunque, anche senza brandire armi, può uccidere il
proprio fratello, anche solo con una parola cattiva. Se ci pensate, tutti ne
facciamo esperienza, io spesso mi sarei voluta mordere la lingua prima di esprimere
un giudizio, un’accusa, un’offesa, e ricordo parole che mi hanno fatto del male
e soffrire più di uno schiaffo!
Cerchiamo di svegliarci e di re-imparare a comunicare, a
rispettarci, a dialogare ed a confrontarci senza che qualcuno, la politica o le
varie lobby, ci dicano cosa fare e ci mettano bavagli e manette.
Come infermiera mi sono sempre chiesta il perché di certi avvisi
o vademecum delle caposala, alcuni descrivevano modus operandi e comportamenti
talmente ovvi (preparazione, esecuzione e riordino dei materiali, lavaggio
delle mani prima di eseguire qualsiasi manovra, controllare scadenze dei
farmaci e funzionamento degli apparecchi, ecc.) che non c’era bisogno di
scriverli, pena sanzione o lettera di richiamo se non venivano seguiti alla
lettera, no? E invece c’erano colleghi (ora immagino non sarà più così!) che
avevano bisogno di questi imput, richiami, per farlo nel modo corretto.
Ebbene siamo al punto che non siamo più capaci di fare un passo
verso il dialogo, il rispetto, il confronto costruttivo, o di non farlo e
offenderci, attaccarci, colpirci, senza che ci sia una legge o una punizione? Io
credo sarebbe molto umiliante per tutti.
La politica deve affrontare il problema della perdita e/o
mancanza di lavoro, dell’aumentata povertà, di persone che rischiano di perdere
la casa perché non riescono più a pagare il mutuo; di persone che hanno bisogno
di ricevere cure gratuite, qualitativamente valide, ed accessibili per tutti
oggi, e non fra 6 mesi; ci sono persone che hanno perso tutto a causa delle
calamità naturali ed hanno bisogno di aiuto oggi, e non domani; c’è un numero
sempre maggiore di disperati che si suicidano credendo di non avere
alternative; c’è il problema della sicurezza nelle nostre città che vacilla, quindi
smettiamo di fare il gioco dei potenti, dei violenti, e impariamo il valore
dell’accoglienza, della solidarietà, del sostegno reciproco e riscopriamo ciò
che ci accomuna tutti, che ci unisce, il diritto al lavoro, alla salute, alla
casa, ad esprimere il proprio credo religioso ed a una vita degna, piena e
felice con le persone che amiamo.
Riguardo alla parola che i media hanno coniato: omofobia, credo
ci riguardi tutti, perché instilla paura gli uni verso gli altri; io ho
conosciuto diverse persone omosessuali, con cui ho avuto bei dialoghi, nel
rispetto reciproco, e ci si confrontava anche su ciò che non si poteva
condividere, senza offese, insulti. Purtroppo ci sono altre persone, poche mi
auguro, ignoranti che non sanno cosa significa rispetto, accoglienza e che
offendono, feriscono, perseguitano, violentano ed uccidono (donne, omosessuali,
clochard, zingari, persino bambini…), spesso per ricavarne denaro o potere, e
questi vanno si perseguiti e puniti con i mezzi delle leggi in vigore. Io non
voglio certo banalizzare le sofferenze e le umiliazioni che sia donne, sia
omosessuali, sia i giovani, sia gli anziani, subiscono a causa di gente di questo
tipo, anzi credo debbano essere attuati programmi di formazione, mediazione
culturale, integrazione e devono essere messi in grado di non nuocere gli
assassini e i violenti.
Papa Francesco nel messaggio tramite Twitter del 16 gennaio ci
invitava con le parole: <Preghiamo per
la pace, e cerchiamo di costruirla, incominciando da casa!> , così, in conclusione,
condivido con voi una situazione personale, che certamente dice quanto questo
sia vero, non scontato e non facile, ed assolutamente importante e necessario.
Uno dei miei fratelli minori non condivide la mia fede e, mentre mia madre e l’altro fratello, lo hanno accolto e rispettato, andando oltre il suo credo religioso, e guardando innanzitutto la persona, il figlio ed il fratello amato, io non ce l’ho fatta, mi sono persa. Premettendo che è il fratello con cui parlavo e condividevo di più (con l’altro facciamo sempre a cane e gatto!), tra noi ci sono 5 anni di differenza e da bambina era il mio cicciobello vivente, dalle guance paffute e dalla battuta sempre pronta, per me venire a sapere che aveva del tutto abbandonato la mia fede è stato un trauma, non riuscivo proprio ad accettarlo, altro che dialogo e accoglienza. Ho fatto una fatica tremenda per ritrovare mio fratello nel mio cuore e nell’accettarlo ed amarlo a prescindere dal suo credo, dalle sue scelte, dal suo modo di pensare ed ancora adesso inciampo qua e là, ma amo mio fratello e quella è la sua vita, io posso solo pregare per lui ed accompagnarlo da lontano, ma non posso interferire e dirgli cosa fare e cosa no, quel bambino è cresciuto e deve fare la sua strada. Abbiamo credo e posizioni differenti su molte cose, mi preoccupo sempre troppo per lui, come dell’altro (ho il complesso della sorella maggiore!) e si litiga anche, ma la pace e l’incontro sono possibili. e se è così nella piccola realtà di una famiglia, può esserlo in una comunità, in una città, in un paese e nel mondo intero, non avviene naturalmente e non è facile, scontato, ci si deve impegnare molto ed ogni istante, occorre anche sacrificio, costanza, fatica, ma è possibile.
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