Giorgio Perlasca



Giorgio Perlasca nacque a Como il 1910. Negli anni Venti aderì al Fascismo e decise di partecipare, come volontario, all’aggressione italiana contro l’Abissinia, poi alla Guerra Civile Spagnola in appoggio alle truppe golpiste del generale Francisco Franco; rimase in Spagna fino al 1939. Tornato in patria, l’alleanza dell’Italia con la Germania, e l’entrata in vigore nel 1938 delle leggi razziali che discriminavano gli Ebrei, segnarono una battuta d’arresto nel suo attivismo fascista. Durante la Seconda Guerra Mondiale, fu inviato nei Paesi dell’Est, con lo status di diplomatico, per acquistare la carne per l’Esercito Italiano. Si trovava a Budapest quando l’8 settembre 1943 fu firmato l’Armistizio tra l’Italia e gli Alleati; non aderì alla Repubblica Sociale Italiana, per il giuramento di fedeltà prestato al Re, così venne internato per qualche mese in un castello destinato ai diplomatici. Nell’ottobre del 1944 i tedeschi presero il potere e affidarono il governo ai nazisti ungheresi che perseguitarono gli Ebrei. Perlasca che, insieme agli altri diplomatici internati, doveva essere trasferito in Germania, ottenne un permesso per una visita medica e riuscì a scappare. Inizialmente si nascose presso diversi conoscenti, poi, grazie ad un documento ricevuto al momento del congedo in Spagna,  nell’Ambasciata spagnola dove ottenne la cittadinanza spagnola. Collaborò con l’ambasciatore spagnolo per proteggere gli Ebrei ungheresi, attraverso delle carte di protezione che li ponevano sotto la tutela degli Stati neutrali, e creando delle "case protette" palazzi nei quali vigeva l'extraterritorialità e garantiva asilo agli Ebrei perseguitati.



Perlasca arrivò perfino a sottrarre sui binari della stazione ferroviaria le vittime destinate ai campi di sterminio e ai campi di concentramento. Quando l’ambasciatore spagnolo fu costretto a lasciare Budapest per non riconoscere ufficialmente il governo filo nazista, il Ministero degli Interni, ordinò di sgombrare le case protette; l’intervento di Giorgio Perlasca fu essenziale per evitare il rastrellamento. Egli, infatti, dichiarò di essere stato nominato dall’ambasciatore suo sostituto. Perlasca compilò e timbrò la sua nomina a rappresentante diplomatico spagnolo, ruolo che gli permise di proteggere, salvare e sfamare migliaia di ungheresi ebrei situati nelle case protette. Sfruttando la legge del 1924 di Miguel Primo de Rivera, che riconosceva la cittadinanza spagnola a tutti gli Ebrei di ascendenza sefardita (di antica origine spagnola), sparsi per il mondo, salvò 5218 Ebrei ungheresi, rilasciando finti salvacondotti che gli conferivano la cittadinanza spagnola. Con l’entrata dell’Armata Rossa a Budapest, Perlasca fu fatto prigioniero, venne liberato qualche giorno dopo e rientrò in Italia. In patria non raccontò nemmeno alla famiglia la sua attività straordinaria; solo negli anni Ottanta, grazie ad alcune donne ebree ungheresi, all’epoca bambine, che lo cercarono, la sua storia divenne di dominio pubblico, le testimonianze dei salvati furono numerose, Perlasca stesso andò nelle scuole per parlare alle giovani generazioni di un orrore folle che non deve ripetersi. Durante un’intervista di Giovanni Minoli a Mixer ha dichiarato “Vorrei che i giovani si interessassero a questa mia storia unicamente per pensare, oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e sapere opporsi, eventualmente, a violenze del genere". Giorgio Perlasca è morto nel 1992, sulla sua tomba ha voluto una parola in ebraico “Giusto tra le Nazioni”.


Federica Tarquini

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