La vigilanza

Cari amici è fantastico quanto è avvenuto in Francia, grazie a La Manif pour tous: una moltitudine di famiglie, cattoliche e musulmane insieme, hanno sfilato per le vie di Parigi e Lione per difendere la famiglia contro il progetto di legge che “andava contro i bambini e le famiglie” e tale progetto è stato ritirato dal Governo; una vittoria, un esempio di ciò che accade quando le persone si uniscono ed esprimono pacificamente il loro dissenso per difendere un comune grande bene: la famiglia. Firmare petizioni (Dio solo sa quante ne ho firmate, ho perso il conto), scrivere, parlare, sfilare uniti e, soprattutto, pregare porta grandi risultati, nelle singole e nelle grandi situazioni.

Come i geologi ed i vulcanologi continuamente vigilano e tengono sotto monitoraggio i vulcani, i sismografi per i terremoti e tutti i dati in loro possesso per attivare misure di sicurezza, laddove sia possibile, piani di evacuazione, ecc., così anche l’uomo è chiamato a vigilare su se stesso.



G.M. 3

Riflettevo ieri sulle parole di Papa Francesco, quelle che ad ogni omelia, udienza, incontro, dona con linguaggio semplice, spezzando la Parola in pezzi commestibili per tutti e così chiari da non lasciare spazio a fraintendimenti e che, tramite canali aperti e liberi da rivisitazioni politiche (nello specifico www.news.va/it), arriva tale come è stato pronunciato.
Nell’omelia del 31 gennaio il Papa sottolinea che quando <viene meno la presenza di Dio tra gli uomini si perde il senso del peccato> e prende spunto dalle letture del giorno (2 Sam 11, 2-27) che narrano del peccato di Davide, il quale innamoratosi di Betsabea, sposata, si unisce a lei commettendo adulterio, e rimanendo lei incinta, con un sotterfugio, non essendo riuscito a coprire il suo crimine, ne fa uccidere il marito Urìa.

Perdendo il senso del peccato si sminuisce il peso e le conseguenze della colpa, inoltre è da sottolineare come il peccato, se non riconosciuto e riconsegnato alla misericordia di Dio con il pentimento e la confessione, chiama altro peccato in una spirale verso l’abisso, per cui in Davide osserviamo la catena lussuria – adulterio – menzogna/sotterfugi – omicidio.

Il Papa non pone l’accento tanto sulla caduta, in quanto tutti siamo fragili e peccatori, quanto sul fatto che Davide non chiama il suo peccato come tale, ma lo riduce ad un problema da risolvere, indice dei tanti compromessi che spesso facciamo con noi stessi per sentirci a posto con la coscienza, prendendoci in realtà solo in giro, perché la realtà rimane tale anche se non la vogliamo vedere. Inoltre Papa Francesco sottolinea che perdendo il senso del peccato, si perde la comunione con Dio e Lo si allontana dal suo posto, il centro della nostra vita, sostituendolo con il nostro io, da qui l’autosufficienza, la superbia, l’egoismo… Il Papa dice che <il più grande peccato di oggi è che gli uomini hanno perduto il senso del peccato>. Il Pontefice sente questo pericolo rivolto a tutti, compreso a se stesso, proprio per la nostra fragilità contrapposta alla forza ed agli attacchi costanti del maligno, che è una realtà, non un’idea, un’invenzione, e lo possiamo constatare in molte situazioni.

Nell’omelia del giorno precedente Papa Francesco ha ribattuto un punto cardine che ho sentito migliaia di volte tra le persone: Dio si, la Chiesa no. Papa Francesco ha sottolineato che il cristiano non può andare per conto suo e viversi una fede auto costruita e auto referenziale, infatti egli dice che <il primo frutto del Battesimo è farti appartenere alla Chiesa, al popolo di Dio…è una dicotomia assurda, come diceva Paolo VI, amare Cristo e non la Chiesa…il messaggio evangelico noi lo riceviamo nella Chiesa. La nostra strada è nella Chiesa> aggiungendo poi tre chiavi fondamentali <noi possiamo trovare tre pilastri di questa appartenenza: umiltà, fedeltà e servizio della preghiera>. L’umiltà è la consapevolezza della nostra piccolezza e della scelta e chiamata operata dal Signore, Lui è il centro, Colui che sceglie, chiama e guida la storia, noi siamo a collaborare al suo progetto di salvezza; la fedeltà, dice il Papa, è legata all’obbedienza al progetto di Dio e nella trasmissione fedele e gratuita della sua Parola; quindi la preghiera per la Chiesa.

Vivere lontano dalla Chiesa significa andare per la storia senza una guida materna, senza le chiavi per interpretarla, senza la grazia per portarla avanti, senza la consapevolezza di chi siamo e di dove stiamo andando e di soccombere sotto il peso della nostra fragilità umana. Rispondere alle domande “chi sono e dove sto andando?” è fondamentale per comprendere il senso di tutta la nostra esistenza e, azzardare risposte al di fuori della relazione con Dio, lascia un senso profondo di vuoto e insoddisfazione, perché non abbiamo deciso noi di nascere e di farlo in questo tempo, in questa famiglia, e decidere il resto da noi, pur raggiungendo delle gratificazioni, pur facendo ciò che ci piace e vogliamo, andando avanti con i nostri mezzi e la sapienza umana, sentiamo che in fondo non ci rende felici, questo perché ignoriamo il perché di questa chiamata all’esistenza e manchiamo il senso pieno della nostra vita.

Prima di celebrare la messa del mattino a s. Marta, Papa Francesco, già in piedi molto presto, prega e medita a lungo le letture del giorno, lasciandosi permeare dall’azione dello Spirito Santo ed ogni omelia, frutto di questo personale incontro con il Signore, è fonte di nutrimento e crescita per chi vi partecipa. Non solo il Papa fa così, ma ogni sacerdote, pur se con differenti carismi e peculiarità, e in qualunque chiesa entriate, attraverso i suoi pastori, udirete la voce del Signore che vi parla personalmente, io l’ho sperimentato spesso ed ho imparato, nella preghiera, a tenere le orecchie, del corpo, della mente e del cuore, ben aperte per cogliere ciò che il Signore vuole dirmi in quel preciso momento, in quel giorno, ogni giorno, ma ho capito anche quanto questo sia faticoso ed una vera e propria lotta con chi, nei suoi molteplici attacchi, vuole rubarmi questo tesoro, riuscendovi anche, ed allontanarmi dal Signore per poi precipitarmi nell’abisso. Non facciamoci illusioni a riguardo: potrà tentarci, lusingarci, farci promesse allettanti, ma il diavolo vuole la nostra morte eterna, non certo il nostro bene, e farà di tutto per allontanarci dal nostro Sommo Bene, Dio.

Mi tornano in mente le parole del Vangelo di Matteo (26,41) Vegliate e pregate, per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto ma la carne è debole e ancora siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare (1 Pt 5,8).




G.M.4

Anche Papa Francesco sottolinea l’importanza per il cristiano di vigilare su se stesso, sulla propria coscienza, sul proprio stato di vita, perché il nemico è forte e astuto e non si arrende mai, come ci ricorda nell’omelia dell’11 ottobre <E noi possiamo farci la domanda: io vigilo su di me, sul mio cuore, sui miei sentimenti,sui miei pensieri? Custodisco il tesoro della grazia? Custodisco la presenza dello Spirito Santo in me? O lascio così, sicuro e credo che vada bene? Ma se tu non custodisci, viene quello che è più forte di te… La vigilanza! Ma tre criteri, eh! Non confondere la verità. Gesù lotta contro il diavolo, primo criterio. Secondo criterio: chi non è con Gesù, è contro Gesù. Non ci sono atteggiamenti a metà. Terzo criterio: la vigilanza sul nostro cuore, perché il demonio è astuto. Mai è scacciato via per sempre! Soltanto l’ultimo giorno lo sarà>.

Queste parole mi riportano a quando, circa 11 anni fa, appena terminato il percorso catechetico di un anno dei Dieci Comandamenti con don Fabio Rosini (attuale Responsabile dell’Ufficio per le Vocazioni della Diocesi di Roma http://lapartemigliore.org/site/index.php/45-don-fabio-rosini), compreso il ritiro finale di dieci giorni (dove, per la cronaca, ho pianto per tutto il tempo le lacrime represse per anni, senza riuscire a frenarle, venendo guarita e liberata da tanti pesi), il mio cammino di fede aveva ripreso con nuovo vigore e consapevolezze, avevo imparato a scrutare la Bibbia (almeno così pensavo, ma erano solo i primi vagiti di cristiana) ed a pregare con la Parola iniziando un nuovo rapporto personale con il Signore (qualcosa lo condividerò più avanti nel blog), insomma in qualche modo mi sentivo forte, sicura della presenza di Dio nel mio cuore, come se il più era fatto (che grave ingenuità!!), talmente piena e felice da considerare seriamente la vocazione religiosa, fermata nell’atto di decidere sulle onde emotive (non fatelo mai!! Prendete tempo e lasciate sedimentare le emozioni, in qualsiasi circostanza, e riflettete) dal mio saggio padre spirituale.

Durante il ritiro finale don Fabio ci aveva messo in guardia sul fatto che la lotta spirituale dura tutta la vita e quindi sull’importanza di non diminuire l’attenzione, di vigilare appunto, e l’ultimo giorno del ritiro mi ero anche fermata a riflettere, abbastanza intimorita, sulla possibilità di perdermi di nuovo e di perdere il Signore, ma nella preghiera e nello scrutare la Bibbia, precisamente nel brano della pecorella smarrita e poi ritrovata (Lc 15, 4-6), avevo trovato la mia risposta, ovvero anche se mi fossi perduta, Lui mi avrebbe cercata e ritrovata, così come aveva fatto già tante volte e nel percorso delle Dieci Parole, così sempre.

Passato l’entusiasmo e la carica dati dal fine percorso, io non ho vigilato come avrei dovuto e mi sono persa, ma di brutto, ho avuto un tracollo spirituale e psicologico tale da pensare di non riuscire ad uscirne, eppure il Signore è stato fedele e mi ha risollevato, mostrato dove ero ferita e bisognosa di cura e guarigione e mi ha accompagnato in quel percorso mediante la guida di un altro sacerdote della mia parrocchia, davvero provvidenziale in quel momento.

Queste riflessioni non sono il frutto di sapienza, io non mi ritengo una persona molto intelligente, non ho una laurea né particolari attitudini scientifiche, condivido solo ciò che ho vissuto in prima persona affinché possa essere utile, consapevole che il cammino di vita e di fede è personale per ciascuno di noi, è frutto di un percorso e di un rapporto a tu per tu con il Signore ed è giusto che sia così. Io apprendo e imparo da Papa Francesco e da tutto quanto il Signore mi mostra e mi dice nella vita, attraverso i suoi ministri e la Chiesa (non ho visioni mistiche tanto per intenderci) e rifletto con voi per fare quei piccoli passi possibili in più nel pellegrinaggio di questa vita.

Vorrei concludere questa lunga riflessione con l’esortazione di Papa Francesco <Chiediamo al Signore la grazia di prendere sul serio queste cose. Lui è venuto a lottare per la nostra salvezza. Lui ha vinto il demonio! Per favore, non facciamo affari con il demonio! Lui cerca di tornare a casa, di prendere possesso di noi… Non relativizzare, vigilare! E sempre con Gesù!>.



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