Pur non avendo figli, nella
mia vita faccio la “zia” degli angioletti delle mie amiche ed ho incontrato
tanti bimbi e tante mamme, infatti come infermiera, nel 2006, sono stata
assegnata, per qualche mese, a due consultori familiari.
E’ stata una delle esperienze più dolorose della mia
professione, ogni turno finito, mentre tornavo a casa in macchina piangevo per
tutto il tempo, chiedendo al Signore perché mi aveva messo in quella
situazione? Assistere impotente a un numero considerevole di richieste di
aborto, che diventavano poi effettive nei vari ospedali della mia città.
Tuttavia il primo contatto con gli aborti l’ho avuto mentre
frequentavo il corso per infermiere, in una scuola cattolica; io, anche se
diciottenne, avevo una posizione ben precisa e decisa contro l’aborto ancor prima di
iniziare il corso, per me, e non solo per fede, la vita è sacra, dal suo concepimento
al termine naturale (solo dopo, nel mio cammino di fede, ne ho compreso meglio
il suo essere anche, e soprattutto, dono),
ma, durante una lezione di etica, ci fu mostrato un video documentario
ambientato e girato nell’America degli anni ’60 sul travaglio di una sedicenne
incinta, sulla sua decisione di abortire e sull’assistenza medica e psicologica
rivolta dal medico cui si era rivolta; al fine di farle fare una scelta
consapevole, il medico ritenne utile informarla sulle varie alternative
all’aborto (adozione, affido…) e su che cosa tale pratica avrebbe comportato
per la sua vita e mentre parlava, il documentario proseguiva mostrando a noi
immagini e dettagli delle varie tecniche abortive, complete di immagini del
post, immagini sconvolgenti che ho ancora nella mente a distanza di 20 anni.
Una volta arrivata al tirocinio del 3° anno, venni assegnata al
reparto ginecologia di un grande ospedale romano ed una stanza del reparto era
riservato alle giovani ed alle donne in procinto di abortire e ricordo che, il
primo giorno, la Caposala ci disse: <indipendentemente
da come la pensate a riguardo, il vostro dovere è assistere e prendervi cura
della persona nel miglior modo possibile, senza esternare giudizi ed emozioni;
non vi sarà chiesto di entrare nella sala o di assistere alla procedura, solo
di assistere le pazienti nel pre e nel post operatorio>.
Ricordo che condivisi in pieno quelle sagge parole, ma compresi
anche che non mostrare le mie emozioni sarebbe stato difficile, visto che mi si
leggevano chiaramente sul volto, solo non avevo idea di quanto pesanti
sarebbero state! Durante quel tirocinio incontrai varie tipologie di donne,
ognuna affrontava quella decisione in modo diverso, alcune apparentemente
spaccone (< ehi mi sono tolta il
pensiero, è fatta!>), altre sembravano distaccate (andavano e tornavano
con la Settimana Enigmistica tra le mani), alcune troppo giovani, anche
minorenni, altre con evidente tormento, assisterle non fu difficile, ma
nascondere il tumulto di emozioni che si agitavano nel mio cuore fu atroce, non
potevo non pensare a tutte quelle vite spezzate ancora prima di nascere, ma
anche alla pena che quelle persone avrebbero portata nel cuore per sempre,
infatti ero convinta che per nessuna di loro era facile vivere quel momento.
Ritrovandomi anni più tardi, più grande ma forse ancora più consapevole
della mia sensibilità ed emotività, provata e riprovata da numerose esperienze
di sofferenza e di dolore, la stessa realtà mi provocò emozioni ancora più
travolgenti. L’esperienza in consultorio riguardo alle IVG (Interruzioni
Volontarie di Gravidanza) fu molto dolorosa, ma nell’insieme fu anche bella,
infatti nel consultorio si svolgono varie attività e, quando potei apprezzarne
la funzionalità e la bellezza in un consultorio che funzionava bene, desiderai
fortemente di rimanerci a lavorare.
Sembra un controsenso lo so, mi spiego meglio.
Il consultorio venne istituito in Italia con la legge n. 405 del
1975 con diverse finalità: per l’assistenza psico-sociale ed educazione alla maternità e paternità responsabile
(tra cui i corsi di preparazione al parto, visite di controllo per tutta la
gravidanza), per i problemi della coppia e della famiglia, per la salute della
donna e del bambino (visite pediatriche, assistenza all’allattamento, screening
ginecologici e ostetrici, vaccinazioni, …), per informare riguardo ai metodi ed
ai farmaci adatti per prevenire gravidanze indesiderate (prescrizioni di
anticoncezionali ed ora della cosiddetta pillola
del giorno dopo e della pillola abortiva), per informare ed assistere
riguardo ai problemi dell’infertilità e della sterilità maschile e femminile,
per informare sulle procedure di adozione ed affido familiare. Fu solo con
l’istituzione della legge 194 del 1978 che divenne il centro primario per le
IVG con informazione, visite, certificazione medica, prenotazione appuntamenti,
assistenza psico-sociale ed organizzazione visite successive per controllo e
promozione di terapie anticoncezionali. All’interno del consultorio convergono
varie figure professionali: ginecologi, pediatri, infermiere, ostetriche,
assistenti sociali, psicologi, amministrativi.
Al consultorio i miei compiti, una volta espressa la mia obiezione di coscienza, ovvero il
diritto di rifiutare di eseguire doveri in contrapposizione con le proprie
convinzioni ideologiche, morali o religiose, riguardavano l’assistenza durante
le visite ginecologiche, prenotazioni appuntamenti nuove visite, registrazione
dati, assistenza durante le visite pediatriche e somministrazione dei vaccini,
alcuni colloqui informativi generici sulle attività del consultorio e varie ed
eventuali. La mia obiezione si esprimeva nel non prendere appuntamenti in
ospedale per eseguire le IVG, se non potevo impedirle (non mi era permesso
effettuare colloqui con le utenti) non volevo nemmeno favorirle, e, per me,
anche solo la telefonata mi faceva stare male. Alla mia decisione ho avuto
reazioni diverse, ma, tranne un caso spiacevole di un medico autodefinitosi
cattolico, rispetto.
La cosa che mi sconvolse fu il numero consistente di richieste
di IVG (sia straniere sia italiane, per lo più donne giovani ed alcune
minorenni) e di aborti negli ospedali, non avrei mai immaginato fossero così
tanti, troppi!
Mi sorprese anche apprendere la poca coscienza del rischio
diffuso di contrarre malattie veneree nei giovani, l’abbassamento dell’età del
primo rapporto sessuale (alcuni a 8-11 anni), la promiscuità dei partner già
tra i ragazzi e il poco amore verso se stessi di alcuni giovani, oltre che
sempre maggiori problemi nelle famiglie, disgregazioni, dipendenze da alcool o
sostanze stupefacenti. Complice l’accesso gratuito e libero a qualunque età, ai
consultori affluiscono tante situazioni sociali, sanitarie e familiari di
bisogno e richieste di aiuto, oltre che persone extracomunitarie con e senza
permesso di soggiorno, per cui, se valorizzato (la mia esperienza è ferma al
2006 per cui magari tante cose sono state fatte), rivisto in alcuni modus operandi (per es. spendere più
tempo, da parte di tutti, per presentare tutte le alternative possibili
all’aborto – adozione, affido, sostegno economico, sociale e psicologico alla
donna ed alla famiglia -, integrando magari la presenza ed il lavoro dei
volontari dei Centri di aiuto alla vita),
attivando programmi e percorsi formativi di educazione sessuale ed
all’affettività ai giovani nelle scuole, nelle parrocchie, nei centri sociali,
nel consultorio stesso, dando informazioni complete e serie (come ad es. che le
pillola del giorno dopo e abortiva non sono caramelle, ma un concentrato
di ormone che impedisce l’annidamento dell’uovo fecondato portando anche
effetti importanti nella corpo della ragazza).
Vorrei anche aggiungere e sottolineare che le ragazze che si
presentavano al consultorio (e qui vorrei prendere un megafono e gridare)
venivano sole, non c’era mai
il ragazzetto di turno a sostenerle, (e chi vi lavora può confermarvi se è
ancora così!), con tutto il peso di una situazione troppo grande ed alcune
erano ancora, o poco più, bambine, tranne pochissime eccezioni, e si parla di
giovani fidanzati, con un rapporto stabile, e che sono poche quelle che tornano
per le visite di controllo, si rivedono solo al presentarsi di un altro
problema! Ci sono anche donne che proprio non si amano e non si prendono cura
di sé ed usano l’aborto come metodo contraccettivo, ne ho incontrata una che
era venuta per il ventesimo aborto, era un fantasma, magrissima,
colorito cenere e vestita di nero, con uno sguardo spento, perso nel vuoto, che
non ascoltava nemmeno il medico che la metteva seriamente in guardia dal
continuare in questo modo!
Ragazze, giovani, donne, cercate di volervi più bene, di
valorizzare il vostro essere dono per voi stesse e per l’altro, di custodire e
prendervi cura del vostro corpo e, se il ragazzo in questione, non vi aspetta,
non vi merita. Se avete dubbi, domande, maschi e femmine, chiedete, informatevi
e formatevi adeguatamente, trovate persone disposte ad ascoltarvi, guidarvi ed
accompagnarvi nelle fasi cruciali della vostra vita, nelle vostre scelte, non
bruciatela, non saltate le tappe, non correte, di vita ne avete una sola,
quindi vale la pena spenderla bene, non credete?
Per principio io credo che prevenire
è meglio che curare, per cui il grosso del lavoro dovrebbe essere fatto a monte,
poi nel mezzo e a valle, sensibilizzando anche i media, ricordo p.e. che la
pubblicità sull’AIDS di diversi anni fa servì molto a svegliare le persone sul
rischio effettivo di contrarre il virus e sui comportamenti che ne favorivano
la diffusione, poi tutto si è spento ed è caduto nel dimenticatoio, ma il
rischio è ancora attualissimo, e come il virus dell’HIV, tanti altri virus
trovano nel sangue e nella trasmissione sessuale le loro vie preferite e si
prendono anche più facilmente, eppure la paura
del contagio si è come spenta e questo è estremamente pericoloso.
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