Primo Levi nasce a
Torino nel 1919 da genitori di religione ebraica; nel 1941 si laurea in
chimica. Partigiano antifascista, due anni dopo, viene catturato dai tedeschi e
trasferito in un campo di raccolta, solo nel 1944 verrà deportato nel campo di
concentramento di Auschwitz. La laurea in chimica, gli ha permesso di lavorare
nel laboratorio della Buna, una fabbrica di produzione di gomma
sintetica, svolgendo mansioni più leggere e consentendogli di scrivere
“Se questo è un uomo”, in cui parla della sua esperienza e dell’atrocità del
Lager.
Ho letto questo
libro molti anni fa, è un libro crudo che ritengo vada letto nelle scuole e
commentato con i ragazzi per riflettere, per non dimenticare l’orrore
della Seconda Guerra Mondiale e soprattutto per evitare che accada ancora. Per
gli stessi motivi consiglio a chiunque non l’abbia letto di farlo, di leggerlo
ai vostri figli, ai vostri nipoti.
“Questo è
l’inferno. Oggi, ai giorni nostri, l’inferno deve essere così, una camera
grande e vuota, e noi stanchi stare in piedi, e c’è un rubinetto che gocciola e
l’acqua non si può bere, e noi aspettiamo qualcosa di certamente terribile e
non succede niente e continua a non succedere niente. Come pensare? Non si può
pensare, è come essere già morti. Qualcuno si siede per terra. Il tempo passa
goccia a goccia” (Primo Levi, “Se questo è un uomo”, Giulio Einaudi
editore).
Primo Levi, uno
tra i pochi sopravvissuti degli ebrei italiani arrivati insieme a lui al campo,
è morto a Torino nel 1987.
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