Parole chiave per la vita familiare


Lo Spirito Santo ha scelto per la Chiesa dei santi pontefici, ognuno di loro è stato guida speciale ed ha lasciato tracce indelebili nella storia e nei fedeli, ognuno di loro, e mi riferisco agli ultimi tre, hanno lasciato un segno profondo nella mia anima, un segno bello: San Giovanni Paolo II ha guidato con forza la Sposa di Cristo ed ha testimoniato la fedeltà e l'amore per la Croce con una tale presenza e determinazione, anche nei momenti più delicati e fragili della condizione umana e della malattia, senza nascondersi, cedere o vergognarsi, dando coraggio a tutti i malati e i fragili della storia; Benedetto XVI mi ha insegnato e mostrato soprattutto la mitezza e l'umiltà, fermo e forte nell'annunciare la verità del Vangelo ed il farsi piccolo, il farsi da parte, per il bene della Chiesa e Papa Francesco apre il cuore con la sua simpatia, la sua semplicità, la sua docilità nel farsi carico della volontà di Dio e nel condurre le pecore dell'unico Pastore, ma nello stesso tempo il coraggio e la franchezza nel dire il vero, con una tale immediatezza e mitezza che raggiunge ogni persona e colpisce anche chi non vorrebbe farsi raggiungere.
Le udienze generali del mercoledì sono momenti di catechesi, di pastorale, al momento incentrate sulla famiglia e vorrei soffermarmi a riflettere con voi sulle parole che Papa Francesco ha pronunciato nell'udienza del 13 maggio (link), quando è ritornato a ribadire l'importanza delle tre parole chiave indispensabili per una serena vita familiare: permesso, grazie e scusa.
Il Papa ha sottolineato come siano parole semplici e belle nella teoria, ma che balbettano non poco nella messa in atto; mi ha colpito innanzitutto quando ha evidenziato che permesso, grazie e scusa sono generalmente considerate prassi ordinaria della buona educazione, quasi scontate, ma che spesso dietro tante buone maniere si nascondono cattive abitudini, sacrosanta verità, perché il centro della questione non è ciò che appare all'esterno e che può essere, e quasi sempre lo è, una maschera, ma ciò che portiamo nel cuore, l'essere, che poi si manifesta all'esterno, più o meno coerentemente. Queste tre parole sono vere quando è l'amore a muoverle dal cuore alle labbra, ma approfondiamole con le parole di Papa Francesco, di cui riporto solo alcuni stralci, ma vi invito a leggere interamente il suo intervento: 
< La prima parola è permesso... entrare nella vita dell'altro, anche quando fa parte della nostra vita, chiede la delicatezza di un atteggiamento non invasivo, che rinnova la fiducia e il rispetto. La confidenza, insomma, non autorizza a dare tutto per scontato. E l'amore, quanto più è intimo e profondo, tanto più esige il rispetto della libertà e la capacità di attendere che l'altro apra la porta del suo cuore... Anche il Signore chiede il permesso di entrare, non dimentichiamolo... (Ap 3,20) >.
Mi ha fatto riflettere la sottolineatura che anche il Signore chiede il permesso di entrare, Lui che è il Signore della vita e di tutto il creato, si inchina fino alla porta del nostro cuore con un invito, una chiamata, aspettando che siamo pronti a rispondere, a corrispondere, nella nostra limitata e goffa maniera al Suo amore, senza forzarci, ma donandoci tutte le grazie necessarie affinché prendiamo fiducia e ci abbandoniamo a Lui col Suo aiuto, perché da soli non ce la facciamo, anche volendolo, perché la nostra fiducia è ferita, piena di crepe e facile al crollo e Lui, che lo sa benissimo ci viene incontro e soccorre.
Rispetto alla regola base della convivenza, il rispetto, il non dare tutto per scontato, chissà perché facciamo spesso l'esatto contrario, entriamo con mille pretese in relazione con l'altro, aspettandoci un ritorno, più o meno corrispondente a quanto abbiamo dato, dando per scontato tutto, anche le cose belle, i doni, e finendo per rovinare tutto. Il rispetto richiede umiltà e consapevolezza di chi siamo e di chi è l'altro, un dono reciproco, anime con propria storia e fragilità, con propri tempi e modi di esprimersi, e per entrare nella vita dell'altro che il Signore mette sul nostro cammino, o nella nostra casa, la delicatezza e l'attenzione di dire permesso richiedono amore nel cuore e libertà interiore dall'orgoglio e dall'egoismo che intralciano le nostre relazioni affettive, sociali e lavorative.
< La seconda parola è grazie... la gratitudine, poi, per un credente, è nel cuore stesso della fede: un cristiano che non sa ringraziare è uno che ha dimenticato la lingua di Dio... Ricordiamo la domanda di Gesù, quando guarì dieci lebbrosi e solo uno di loro tornò a ringraziare (Lc 17,18). Una volta ho sentito dire da una persona anziana, molto saggia, molto buona, semplice, ma con quella saggezza della pietà, della vita:"La gratitudine è una pianta che cresce soltanto nella terra delle anime nobili"...E' il fiore di un'anima nobile...>. Bellissimo come Papa Francesco accompagna e fa scaturire ogni sua riflessione e catechesi dalla Parola di Dio e tenera la semplicità con cui consegna nelle mani e nel cuore di chi sa ascoltare delle chiavi utili per la vita quotidiana. Grande dono la gratitudine, sgorga nel cuore umile consapevole che tutto è grazia e dono di Dio e che non pretende nulla, ma accoglie tutto e per tutto ringrazia, Dio, per primo, e le persone. Riflettevo qualche giorno fa dentro di me che noi non sappiamo più essere grati, non sappiamo dire grazie, quello vero che scaturisce dal cuore, non quello gelido e informale che sappiamo anche pronunciare, nella maggior parte dei casi siamo insoddisfatti, arrabbiati col mondo intero e con tutta la politica e lo Stato in particolare, vediamo bene solo le cose negative ed abbiamo un animo inquieto che pretende e si aspetta tutto come fosse dovuto e questo atteggiamento non solo è inutile e sbagliato, ma è anche dannoso, perché ci toglie serenità, pace e salute e rende difficile e pesante pure la vita quotidiana in famiglia e in società. Il fiore della gratitudine invece fa germogliare nei cuori la gioia, la serenità, la speranza e l'amore e lo possiamo sperimentare quando riceviamo e/o diciamo un grazie con tutto il cuore per un dono o un momento inaspettato, anche una cosa piccola, come una mano amica, un momento di ascolto e di condivisione con un amico, un qualcosa di prezioso di cui proprio avevamo bisogno in quel momento e che fa spuntare nel cuore un piccolo arcobaleno colorato dopo la tempesta.
E' difficile dire grazie, come è difficile anche riceverlo, sempre per l'orgoglio, ma anche qui, credo, è una questione di scelte: vogliamo la gioia o trascorrere i giorni perennemente imbufaliti con il mondo intero?
< La terza parola è scusa. Parola difficile, certo, eppure così necessaria. Quando manca, piccole crepe si allargano - anche senza volerlo - fino a diventare fossati profondi. Non per nulla nella preghiera insegnata da Gesù, il Padre nostro, che riassume tutte le domande essenziali della nostra vita, troviamo questa espressione: "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori" (Mt 6,12). Riconoscere di aver mancato, ed essere desiderosi di restituire ciò che si è tolto - rispetto, sincerità, amore - rende degni del perdono. E così si ferma l'infezione. Se non siamo capaci di scusarci, vuol dire che neppure siamo capaci di perdonare. Nella casa dove non ci si chiede scusa incomincia a mancare l'aria, le acque diventano stagnanti. Tante ferite degli affetti, tante lacerazioni nelle famiglie incominciano con la perdita di questa parola preziosa: "Scusami". Nella vita matrimoniale si litiga, a volte anche "volano i piatti", ma vi do un consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace! ... Avete litigato forte? Non va bene, ma non è il vero problema. Il problema è che questo sentimento sia presente il giorno dopo... E come devo fare la pace?... soltanto un piccolo gesto, una cosina così, e l'armonia familiare torna. Basta una carezza! Senza parole... non è facile, ma si deve fare e con questo la vita sarà più bella...
Il Signore ci aiuti a rimetterle (le tre parole) al giusto posto, nel nostro cuore, nella nostra casa, e anche nella nostra convivenza civile >.
Per quest'ultima parola ho riportato quasi interamente le parole del Papa, sia perché significative, sia perché, a mio avviso, questa è la parola più importante e allo stesso tempo più difficile da pronunciare.

Inevitabilmente questa parola tocca profondamente il mio cuore e condivido con voi la motivazione personale: l'ultimo incontro sulla terra con mio padre abbiamo litigato, una delle tante e forse la più dura, perché è stata davvero l'ultima... mio padre stava male, ma i medici non riuscivano a formulare una diagnosi precisa, era appena stato dimesso con una diagnosi banale di artrosi cervicale, mai quanto più distante da quella vera, ma nessuno ne aveva idea ed io, che stavo frequentando il primo anno del corso infermieri, confidavo molto nei medici, per cui, credo più per difesa, che per fiducia, avevo preso per valida quella diagnosi e non prendevo sul serio quanto mio padre riferiva, credendo fosse solo un pò depresso (è curioso come i medici abbiano fatto passare anni d'inferno a me con la stessa conclusione, prima di arrivare alla diagnosi vera e completa del mio quadro clinico, la vita è davvero una ruota che ti riporta a fare determinate esperienze in maniera diversa per imparare qualcosa!), ma lui evidentemente percepiva, pur senza saperlo e senza ricevere conferme esterne, che qualcosa di inesorabile e minaccioso si stava facendo largo in modo subdolo (anche questo ho avuto modo di verificarlo con i pazienti terminali che ho assistito e che non conoscevano né diagnosi né prognosi, ma percepivano ugualmente dal proprio corpo che stavano morendo!). Io ho cercato di farlo reagire, ma mio padre si arrabbiò dicendo che nessuno lo capiva e che lui stava davvero male, così abbiamo finito per litigare e quando l'ambulanza, chiamata da mia madre, è venuto a prenderlo, di mercoledì, per portarlo in altro ospedale per nuovi accertamenti, chiusa nel mio orgoglio ferito non l'ho salutato; i tre giorni successivi sono andata al corso e al tirocinio, quindi solo mamma andava in ospedale e ci riferiva, ebbene la situazione è precipitata velocemente e gravemente, finché all'alba del sabato di quella stessa settimana mio padre è morto.
Posso testimoniare che quello scusami mai pronunciato mi ha lacerato il cuore per anni, avevo 19 anni, ero orgogliosa e testarda ma l'ho pagata molto cara, per cui le parole di Papa Francesco le comprendo con una chiarezza e lucidità molto intense, da allora fatico a litigare con le persone, tendo a tenermi tutto dentro, ma ho imparato a pronunciare queste tre parole, anche se non è sempre facile; posso testimoniare anche l'infinita tenerezza di Dio che ha perdonato le mie colpe e mi ha riconciliato con me stessa, oltre che con Lui, e con mio padre nel cuore.
La tentazione di restare chiusi nel proprio orgoglio ferito, nella propria testarda posizione, è sempre dietro l'angolo, sia per me sia per ciascuno di noi, ma la libertà e la leggerezza interiore che dona la capacità di dire scusami, mi dispiace, perdonami è impagabile, guarisce a poco a poco le ferite che ci si provocano nelle relazioni ed anche se l'altro è libero anche di non accettare il nostro perdono o le nostre scuse e di non concederci il suo, scegliamo sempre di perdonare perché fa bene al cuore e laddove è più difficile chiediamo l'aiuto del Signore, che certo ce lo concederà.
Non dimentichiamo nessuna delle parole del Signore e non lasciamo cadere nel vuoto nemmeno le chicche che ci dona Papa Francesco!

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