Il coraggio della verità

(Immagine presa dal web)

Qualche sera fa condividendo dei pensieri con una cara amica ho pensato a quante volte nella nostra vita ci lasciamo fregare dalle nostre aspettative e da quelle degli altri e quante volte, per non deluderle, indossiamo le maschere nel tentativo disperato di soddisfarle, mettendoci in uno stato di tensione continua che stressa la psiche e il corpo, a volte sfogando in attacchi di panico. Riflettevo anche su quanto siamo testardi, anche ottusi, quando riceviamo dei saggi consigli che differiscono da quello che vogliamo in quel momento e che crediamo sia la scelta giusta per noi, per fare un esempio concreto condivido un pezzo della mia vita.
Fin da bambina ho sempre avuto una salute cagionevole, all'età di 11 anni ho iniziato a soffrire di un'importante cefalea, oltre al dolore intenso avevo una forte sensibilità alla luce, vertigini e svenimenti, la luce, i rumori, i cambi di posizione, ecc scatenavano le crisi di dolore e non rispondevo ai farmaci che mi prescrivevano, trovavo sollievo solo restando sdraiata a letto al buio, con la porta chiusa, per ore, questo mi diede molti problemi a scuola, facendomi fare numerose assenze (tali da farmi perdere interi anni e costringendomi a ripetere tutte le materie a settembre) e facendomi esonerare dalle attività sportive e fisiche. In quei primi anni di convivenza con la cefalea sono stata sottoposta a diverse visite, esami specialistici, terapie, e così anche gli anni a seguire, finché non ho trovato un medico omeopata che mi prescrisse un farmaco (aspirina 0,3 associata a componenti omeopatici) che mi aiutò a controllare il dolore ed essere meno condizionata da esso.
Un giorno maturai la decisione di rimandare la maturità e di iscrivermi subito al corso infermieri, ho dovuto lottare un pò per convincere i miei genitori, ma, vedendomi così decisa, alla fine hanno acconsentito. Prima di iniziare, ad uno dei tanti controlli, ho riferito al medico che volevo diventare infermiera, non ricordo se me lo chiese lui o fu una mia iniziativa e non ricordo né il nome né il volto di questo medico, ma ricordo perfettamente la sua risposta < l'infermiera? Il tuo corpo è troppo debole per affrontare il percorso formativo per diventarlo e tutto quello che comporta questa scelta, è fisicamente troppo impegnativo per te! >. Fu un consiglio in buona fede ed era la verità, ma io non l'ho visto come un saggio consiglio disinteressato bensì come un giudizio, una sentenza, che cozzava benissimo con i dubbi dei miei genitori e dei miei amici, nessuno credeva che potessi farcela ed ero fermamente convinta nel voler dimostrare a tutti che si sbagliavano... 
Altre persone tentarono di dissuadermi e ricevetti chiari segnali anche dal mio stesso corpo, infatti prima di iniziare il corso ho fatto un periodo di volontariato nell'ospedale dove avrei svolto il tirocinio, un grande ospedale romano, grazie alla mamma di una mia amica carissima che era infermiera, il primo giorno persi i sensi, non perché impressionata da ciò che avevo visto o stavo facendo, ma per un crollo repentino di pressione e glicemia, non sapevo ancora di soffrire di ipotensione ortostatica (la pressione crolla quando la persona mantiene, anche solo per poco, la posizione eretta, ad esempio facendo la fila alla posta, alle casse del supermercato, in autobus, ecc...) né di essere soggetta ad ipoglicemia sotto sforzo, e, dopo avermi soccorsa, un infermiere, amico della mamma della mia amica, tentò in tutti i modi di dissuadermi dall'intraprendere questa professione, elencandomi tutte le cose brutte che avrei visto e vissuto continuamente, ma, pur udendo con le orecchie, non presi in seria considerazione tutti i consigli, mi ero intestardita nel dimostrare che potevo farcela a diventare una brava infermiera.
Durante tutto il corso il mio corpo è stato messo a dura prova, ebbi altri svenimenti e crisi ipoglicemiche, il corso era ancora più faticoso di ora, prima che diventasse da scuola per infermieri a laurea universitaria (le differenze sono notevoli e non tutte per il meglio a mio avviso, perché la preparazione tecnica è nettamente inferiore, ci si concentra molto sullo studio e sulle lezioni, approfondendo anche troppo le materie, a danno della formazione pratica, lezioni e tirocinio si alternano nei quadrimestri ed ho incontrato molti nuovi infermieri che conoscevano tanto ma sapevano fare poco e saper essere ancora meno, ora non sono più aggiornata e spero che le cose siano migliorate...), perché le lezioni e il tirocinio viaggiavano in parallelo, facevamo i turni alternati di settimana in settimana, mattina o pomeriggio (dal secondo anno iniziavano i turni notturni che si svolgevano su 7 giorni consecutivi per un tot di settimane annuo, su due ospedali romani), e capitava spesso di andare a lezione la mattina e il pomeriggio al tirocinio, e viceversa, e la sera dovevamo studiare molto, sistemare gli appunti e prepararci bene, perché ad ogni fine materia dovevamo dare l'esame, per cui restare indietro non era auspicabile; il giorno è sempre fatto di 24 ore e se la metà la passi tra scuola e tirocinio e l'altra metà a dormire, avevamo per studiare solo la sera e quelle mezze giornate in cui il tuo turno di tirocinio coincideva con la lezione, inoltre anche saltare il tirocinio non era una mossa intelligente, perché avevamo un monte ore annuo da raggiungere, che aumentava di numero dal primo al terzo anno. 
Per tutto il corso, nonostante lipotimie ed ipoglicemie, sono stata sostenuta da una fervente passione e motivazione, ero felice e pur essendo fisicamente e psicologicamente messa a dura prova, sono andata avanti; il primo anno, al culmine del mio entusiasmo, mio padre venne improvvisamente a mancare improvvisamente per una meningite fulminante non diagnosticata in tempo nel mio ospedale e, contemporaneamente, mia madre, che aveva avuto una grave broncopolmonite poco tempo prima, ebbe una ricaduta e fu ricoverata per un mese in ospedale, così, in qualità di figlia maggiore, mi dovevo occuparmi della casa, della spesa e dei miei fratelli, continuai a frequentare le lezioni, ma dovetti sospendere il tirocinio, quando mamma fu dimessa ripresi il tirocinio e a svolgerlo anche di domenica (unico giorno di riposo con possibilità di tirocinio facoltativo), aumentando le settimane di notte per recuperare le ore. Il mio corpo arrivò al diploma veramente provato ed anche psicologicamente ne avevo passate tante, tuttavia ero felice e impaziente di iniziare a svolgere la mia professione.

(foto personale di mio fratello)

Ho svolto la mia professione con passione e determinazione fino al 2011, quando, a causa dell'attuale malattia, fui licenziata e non sono stata più in grado di riprendere, la mia è una professione molto impegnativa, faticosa, a stretto contatto con la malattia, la sofferenza, la morte e vedi molte cose brutte, ma anche cose belle (nascite, guarigioni, ...), non sempre adeguatamente riconosciuta e retribuita, con turni massacranti, con tanti pazienti e pochi colleghi con cui assisterli, sempre a combattere con un numero insufficiente di personale, con doppi turni (il peggiore notte e mattina successiva...), con problemi, carenze di materiale, complicazioni, non è una professione statica, non puoi mai annoiarti né adagiarti sugli allori, sempre in tensione per prevenire e rispondere alle emergenze, aggiornandoti continuamente e per farlo sempre meglio limitando errori, eppure posso definirla anche una bella professione, certamente non per tutti, ma spesso viene scelta come ripiego in mancanza di altro e mai decisione è più infelice di questa, perché se non la scegli consapevolmente e non sei motivato, tutto quello che incontrerai rischia di schiacciarti o di farti mettere su una corazza di irritante cinismo, che ti rende un infermiere mediocre, uno di quei praticoni bravi nel fare ma pessimi nell'essere, che i pazienti detesteranno e di cui si lamenteranno in continuazione, ad ogni risposta acida, ad ogni movimento brusco, ogni volta che tarderai a rispondere ad un campanello e, onestamente, non immagino nemmeno come puoi resistere in ospedale senza una motivazione profonda che vada molto oltre lo stipendio. 
Anche fisicamente parlando non è per tutti ed io, mio malgrado, nonostante la passione e la motivazione, ho confermato la saggia previsione di quel medico, il mio debole corpo l'ho sottoposto ad uno stress continuo, ad una costante e prolungata mancanza di riposo, a ritmi disordinati che hanno fatto saltare il mio equilibrio endocrino, tuttavia non sto affermando che mi sono ammalata a causa del mio lavoro, solo che ho sicuramente provato duramente un corpo debole già in partenza, esaurendo la sua forza in soli (quasi) 20 anni di servizio e, penso io, creando un terreno favorevole alle patologie che mi hanno colpito e di cui soffro tuttora, anche se, secondo il principio causa effetto, se il lavoro fosse stato la causa delle malattie smettendo di lavorare, ormai da 7 anni, sarei dovuta guarire o, quantomeno, migliorare, ma non è così...anzi sto peggiorando gradualmente ma progressivamente, inceve le cause vere sono altrove...

Volevo dimostrare a tutti che si sbagliavano, invece ho dimostrato che sbagliavo io, non ho scelto una professione adatta al mio corpo ed al mio stato di salute, tuttavia credo che ognuno di noi debba fare la sua strada, le sue scelte e, anche, i suoi errori, per cui, pur avendo rivalutato con gratitudine le parole di quel medico, non ho rimpianti, perché ogni cosa che ho vissuto, visto e fatto, durante lo svolgimento della mia ex professione (devo definirla così dal momento che, per non pagare la tassa annuale del Collegio IPASVI di Roma, ho dovuto disdire l'iscrizione, un passo doloroso e difficile...), mi ha reso la persona che sono oggi, certo mi sarei risparmiata tanto dolore, sofferenze e fatiche, ma credo, come dice San Paolo, che tutto è grazia, per cui non butto via nulla e sono grata per tutto, nessuno può dire come sarebbe andata se a quel bivio avessi scelto di desistere dal mio proposito, ma certo avrei fatto altre esperienze e non me la sento di cancellare quello che ho vissuto, perché mi ha dato la consapevolezza di chi sono, dicevo alla mia amica che la gioia è inebriante e bella, ma è il dolore a fare verità dentro di noi, a rivelarci chi siamo, non possiamo sfuggirlo in alcun modo perché è parte integrante della vita, quindi il mio consiglio è di accoglierlo e imparare da esso, accettarlo senza volerlo capire a tutti i costi, perché il dolore è un mistero, da accettare, da vivere, credo che dobbiamo fare come il salice piangente quando abbandona i suoi rami al vento, perché non si può fermare o contrastare il vento...

Il mondo di oggi ci lancia continui messaggi a cogliere l'attimo, a raggiungere il successo, a scalare le vette fino all'apice perché conti ed hai valore solo se raggiungi i primi posti e per farlo devi schiacciare gli altri concorrenti lungo la salita, senza fermarti ad aiutare nessuno, sacrificando continuamente parti fondamentali di te e della tua vita, rimandando sempre a dopo la vita, non puoi sposarti se non hai una casa, una posizione, un conto in banca cospicuo, non puoi fare figli subito, e comunque in numero ridotto (massimo 1 o 2, di più sei un folle scriteriato...), se prima non fai carriera, facendo ripetuti compromessi per apparire quello che gli altri (superiori, amici, familiari, partner...) si aspettano da te e rinunciando a parti di te, prima piccole poi sempre più grandi che alla fine non sai più chi sei e se è vera la maschera che stai indossando.
Al di là delle ingannevoli aspettative (che ci fregano sempre e comunque), nostre o altrui, in verità non ci è chiesto di essere perfetti, migliori, infallibili, di successo, più forti, o meglio la società ce lo chiede, anzi lo pretende alle volte e nemmeno in modo velato, ma a noi, in verità, è chiesto solamente di essere come siamo e di fare del nostro meglio, di essere onesti e rispettosi, di avere il coraggio (ce ne vuole proprio tanto in questo mondo dell'apparire e delle immagini) di essere noi stessi, per alcuni non sarà mai abbastanza, per altri sarà troppo, per altri sarà sbagliato, ma dobbiamo essere fedeli alla verità del nostro cuore, dopo averla cercata e trovata (l'essenziale è invisibile agli occhi... Saint'Exupery_Il piccolo principe), non fuori ma dentro di noi, più vicina a noi di quanto crediamo, avere il coraggio di rompere le maschere ed essere noi stessi, accettando i limiti e dando il meglio di noi, diventando sempre meno dipendenti e condizionati dai giudizi degli altri, dalle critiche e dagli elogi (entrambi non fanno bene ma ci servono per crescere), cadendo e rialzandoci tutte le volte, imparando dagli errori e da tutto ciò che la vita ci dona, smettendo di farci del male e vivendo oggi, qui ed ora, senza rinviare ad un domani ipotetico che può non arrivare mai...

Ho parlato della mia professione e vorrei concludere il post invitando persone veramente motivate a sceglierla, perché in Italia (e non solo) c'è una grande carenza di infermieri e molti emigrano cercando condizioni di lavoro e salario migliori, ad esempio in Germania e in Inghilterra, gli infermieri sono pilastri importanti nella sanità e se mancano loro nessun malato sarà assistito come dovrebbe, perché la mole di lavoro aumenta, il personale diminuisce e ne soffre la qualità, che tipo di assistenza riceveranno 30 malati con due soli infermieri? Credo che ognuno di noi possa riportare un'esperienza negativa vissuta in condizioni simili... 
Giovani, se siete in buona salute, se sentite di voler aiutare il prossimo, di mettervi al servizio degli altri, con pazienza, rispetto e nessun pregiudizio, se non vi impressionate facilmente e non svenite alla vista del sangue e sentite di poter affrontare le fatiche, i sacrifici, le responsabilità, i doveri e gli oneri, ma anche le soddisfazioni, la continua crescita e aggiornamento, che questa professione comporta, scegliete di diventare infermieri e di cambiare dal di dentro una sanità che ha veramente urgente bisogno di persone nuove e motivate, serie e responsabili, per rispondere alle esigenze di questa società, sempre più malata. 
Il nostro SSN ce lo invidiavano tutti ed ora è un malato grave che ha bisogno di urgenti trasfusioni di vite nuove e di generosi sostenitori, ma anche di onesti amministratori e organizzatori, che mettano al primo posto il bene delle persone. Chiunque sceglierà di diventare infermiere, o medico, ha davanti un percorso lungo e difficile, a contatto con situazioni pesanti, ma se sarà motivato e pronto fisicamente e psicologicamente, disponibile anche a mettersi in discussione e ad essere sostenuto nel momento del bisogno, riceverà gratificazioni che nessun'altra professione sa donare, in mezzo a montagne di fatiche e sudore e non se ne pentirà, almeno per me è stato così, ma, sottolineo, deve esserci una motivazione profonda, una passione, altrimenti lasciate perdere...

Commenti

  1. Ti auguro che il racconto della tua lunga e dolorosa vicenda possa essere fonte di riflessione per quanti credono che il lavoro sia solo una sorta di appendice di noi, un
    modo per poterci sostenere economicamente e non invece una scelta importante,
    una passione a volte anche sofferta .
    E un auspicio che questa professione - delicata e impegnativa - venga maggiormente
    riconosciuta e valorizzata ( sia nella competenza professionale che nelle doti di umanità ) in un mondo che va sempre più verso la tecnologia robotica ( in uso ormai in molti ospedali ) spesso a scapito dell'aspetto umano che le persone ammalate ( e per questo infragilite ) hanno bisogno.

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    1. Grazie per le tue parole, rispondo solo ora perché ho ripreso il pc in mano solo adesso e per poco, si spero che le condivisioni che faccio possano essere utili e spero che la mia professione sia valorizzata, non tanto con riconoscimenti cartacei, ma dalle persone, che possano avere esperienze più positive che negative, che possano valutare il contesto in cui i miei colleghi spesso si trovano a lavorare, anche se questo non deve, o non dovrebbe, in nessun caso essere fatto scontare ai pazienti, spero che venga riconosciuta l'importanza di questa figura professionale e che migliorino le condizioni, in tutta Italia, e non solo, mancano infermieri perché non ci sono i soldi per assumere, ma senza infermieri la sanità si ferma e se sono pochi un intero reparto ne risente, per cui spero che chi ci governa si metta una mano sulla coscienza e legiferi di conseguenza, smettendo di dilaniare una sanità già sofferente...

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